Clamorosa quanto chiara la notizia che è arrivata nel tardo pomeriggio di ieri, Maurizio Sarri ha rassegnato le proprie dimissioni e non è più l’allenatore della Lazio. Un gesto forte per molti, “un gesto da perdente” per qualcun altro (il Presidente del Napoli); fatto sta che si chiude nel peggiore dei modi un’avventura, quella biancoceleste, che era iniziata sotto altri auspici, sia per la società capitolina che per lo stesso Sarri.

È il giugno del 2021 quando la Lazio, con geniale impatto mediatico, pubblica una sigaretta fumante sui propri canali social, seguita poi da un paio di occhiali, quasi come a spingere l’idea ai propri tifosi. È difficile attrarre le attenzioni, perché dall’altra parte del Tevere, diverse settimane prima la Roma aveva annunciato in grande stile, l’ingaggio dello Special One, il portoghese José Mourinho. Eppure la trovata mediatica dei biancocelesti funziona e dopo migliaia di like, ecco che giunge anche l’ufficialità della società: Maurizio Sarri è il nuovo allenatore della Lazio. Una notizia accolta positivamente dall’ambiente romano, subito la sfida cittadina con Mourinho e l’eredità di Simone Inzaghi che aveva lasciato per approdare all’Inter. Insomma Sarri alla Lazio per molti è un colpo vero e proprio, perché il Maestro dopo l’exploit di Empoli prima e soprattutto Napoli poi, va al Chelsea e porta a casa l’Europa League coi Blues e poi l’occasione Juventus, dove con Cristiano Ronaldo su tutti, domina e vince con merito la Serie A nell’anno della pandemia.

Il destino lo porta proprio ad Empoli, nella sua cara Toscana al debutto sulla panchina della Lazio, vince 3-1 e alla fine della sua prima stagione si piazza al 5°posto, con il percorso europeo interrotto agli ottavi di UEFA Europa League per mano del Porto. Il meglio, come successe anche col Napoli, lo fa nella seconda stagione dove, riesce a qualificarsi per la UEFA Champions League. Merito di un grande cammino in campionato chiuso al 2°posto dietro il Napoli di Spalletti (dove tra l’altro ben figura nelle due sfide contro gli azzurri), posizione che permette la qualificazione anche alle Final Four di Supercoppa Italiana. Male, molto male però il cammino europeo con la figuraccia in Danimarca durante il girone di Europa League, storico per certi versi, l’umiliante 5-1 a favore del modesto Miydtjlland.

La personalità ed il carisma al tecnico non mancano di certo e spesso, in conferenza stampa, pizzica la società e la svogliatezza di qualche tesserato in rosa.

La terza stagione però è la peggiore. In estate lascia il gigante Sergej Milinkovic Savic, vero collante tra attacco e difesa nelle strategie di Sarri ed anche l’icona del club, la bandiera Ciro Immobile, spesso è al centro di voci che lo spingono lontano da Roma. Il Capitano però resta, nonostante l’arrivo di Taty Castellanos, il più caro acquisto dell’era Claudio Lotito. La Lazio fatica e in campionato il cammino è altalenante, mentre il girone di Champions è superato con prestigio. Sarri continua a lamentarsi delle tante gare ravvicinate (le Final Four di Supercoppa sono un disastro per la sua Lazio), degli impegni non all’altezza della rosa a disposizione e non le manda a dire alla società quando c’è da criticare il mancato mercato invernale, sottolineando che l’organico è a fine-ciclo.

La situazione precipita, qualcosa si è rotto. 5 sconfitte nelle ultime 7 gare tra febbraio e marzo, pesanti quelle col Bayern (3-0 che estromette i biancocelesti dalla competizione) e l’ultima, quella casalinga dell’altra sera contro l’Udinese 1-2 (la 4°consecutiva nonché la 3° in casa) .. mai era successo a Maurizio Sarri di contare 12 sconfitte in 28 giornate; furono 12 totali nella sua ultima esperienza ad Empoli. Forse, sono bastate per prendere la clamorosa quanto chiara decisione di lasciare la Lazio.


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